Il tamburo
Il tamburo è uno strumento a percussione antichissimo, importato dai Romani dalla lontana Asia e poi diffuso in tutta Europa. Il principio è semplicissimo: una piccola cassa cilindrica in ottone, con sulle basi due membrane, la “battitoia” e la “bordoniera”, fissate per mezzo di viti che regolano la diversa tensione. Legittimo è assegnare ad uno il ruolo del “tamburellista”. Diverso è dare ad uno del “tamburo”, che non è proprio una raffinato complimento, ed è forse per questo che nella storia della banda castagnetana ne compaiono pochissimi, ma ottimi.
Eccoli, con in corsivo un contorno dei soliti versatili tuttofare:
Alessandro Gori (1828/1907), Agostino Carli (1843/1917), Valentino Cecchetti (1886/1967), Cesare Favilli “Mezzosigaro” (1892/), Otello Marchi (1897/1987), Mario Cecchetti (1922/), Enio Manzani (1926/viv.), Mauro Fabbri (1927/viv.), Agostino Manciulli (1928/viv.), Carlo Corradini (1931/viv.),Salvadore Ciadamidaro (1961/viv)
Alessandro Gori fu uno dei primi tamburi della banda. Muratore, mentre nel 1853 con altri costruiva il primo stabile della “via nuova” (in angolo di fronte alle attuali Poste e ai Batistoni), cadde da un’impalcatura e rimase a lungo infermo. Ma, laddove possibile, i colleghi lo portavano a braccia purché suonasse, mentre la fattoria gli passava tutti i giorni un chilo di carne per i numerosi figli.
Agostino Carli, che fu un famoso tamburo nel periodo in cui la Filarmonica faceva parte della Guardia Nazionale, fu sospeso dallo stipendio “per non aver custodito l’uniforme”: forse uno spogliarello fuori programma?.
Valentino Cecchetti è una figura ancora nella memoria di tutti coloro che lo conobbero. Quando c’era un assolo di Valente, tutti tacevano. Riscosse clamorosi successi nei concorsi a cui la banda prese parte a Torino, a Genova, ed anche durante il servizio militare, dove pretese che sul foglio di congedo gli venisse scritto: “Cecchetti Valente, tamburo”.